Buñuel ha settantacinque anni. E quasi cinquanta (!) separano UN CHIEN ANDALOU e L'AGE D'OR da questo il FANTASMA DELLA LIBERTA' . Eppure, l'impareggiabile grande di Spagna continua a fustigare, con immutata determinazione, con indomabile sarcasmo, e con una ispirazione che ancora oggi si riallaccia al primitivo surrealismo, i fascini più o meno discreti dalla borghesia.
Come nel precedente, anche nel il FANTASMA DELLA LIBERTA' le armi non sono quelli della requisitoria sdegnata: ma dell'humour corrosivo, della rimessa in questione attraverso la derisione delle istituzioni (la polizia, i preti, gli arrivati, i medici, gli altri funzionari, ecc.), dei pilastri sui quali la borghesia fonda da sempre la propria sicurezza.
Più che nelle opere di alcuni anni or sono, Buñuel sembra riandare ad un procedimento tipico del surrealismo: la ricerca dell'assurdo, del rovesciamento delle situazioni, dell'effetto dissacratorio ed, eventualmente, della poesia. Tutte le premesse delle varie sequenze tendono a dipingere un quadro quotidiano, rassicurante della realtà. Gli epiloghi rovesciano i valori: le nostre credenze sono rimesse in questione, il rassicurante diventa inquietante.
Alcuni momenti del film, che è costituito in una serie di situazioni e personaggi frammentari, apparentemente scuciti fra loro sono in effetti una splendida riuscita in questo senso: si pensi al ricevimento borghese con i WC a posto delle sedie a tavola, al rapimento della bambina con questa che fornisce i dettagli alla polizia dei propri connotati. Giubilatorio e e libero, il film vive e pure soffre della propria costruzione, con quel procedimento del personaggio che esce da una vicenda per entrare casualmente nella seguente: una meccanica che arrischia di appesantisce i propri propositi piuttosto che fonderli. Buñuel graffia ancora con un efficacia commovente anche se, rispetto ai capolavori assoluti del passato denuncia una gentilezza formale, addirittura ideologica che gli impedisce di incidere totalmente.